La difesa in ambito penale tributario è senza dubbio una tra le più complesse tra quelle da affrontare. Diventa cruciale, pertanto, il supporto di un consulente tecnico di parte. Sia per le pene edittali di alcuni reati tributari, davvero molto significative che per gli aspetti concernenti le confische, anche per equivalente e anche quelle previste per casi particolari. Nel corso della difesa penale tributaria, è necessario confutare elementi indiziari o altri elementi di prova di provenienza amministrativa. Il difensore penale si deve infatti confrontare con risultanze accusatorie desumibili dall'operato della Guardia di Finanza in sede di accessi, ispezioni e verifiche o dall'operato delle Agenzie delle Entrate e dei loro funzionari accertatori. Infine, le contestazioni accusatorie per i reati tributari si accompagnano, assai frequentemente, alla contestazione di altri reati più o meno gravi e ciò rende ancor più complessa la difesa. Per tali motivi risulta fondamentale l’ausilio del consulente specializzato in tale materia. 

La difesa nel processo per reati tributari è complessa. Lo stretto rapporto tra l'attività difensiva del penalista e le tecnicalità tributarie impone dover necessariamente tener conto nell'affrontare la difesa penale  di diversi aspetti. I limiti e i confini della fattispecie tributaria sottostante. I rapporti tra il processo tributario e quello penale, soprattutto con riferimento all'utilizzo delle prove. Il limite probatorio delle risultanze acquisite in sede amministrativa anche con riferimento alla emersione di indizi di reato nel corso dell'attività ispettiva; l'atipicità dei mezzi di prova nel processo penale (art. 189 c.p.p.) da porre in relazione con determinate risultanze amministrative e per esempio con l'accertamento induttivo (cfr.Cass. pen., sez. III, n. 32858/22). La rilevanza dei giudicati (soprattutto per il penalista è importante verificare la rilevanza del giudicato tributario, cfr. ordinanza Cass. civ., n. 25632/21, nonché Cass. pen., sez. III, n.6113/16). Il rapporto tra sanzioni amministrative e sanzioni penali (e quindi anche i profili concernenti il ne bis in idem e la giurisprudenza della CEDU.  Senza sottovalutare il fatto che spesso e volentieri il reato fiscale si accompagna ad altre contestazioni come nel recente caso della Juventus (procedimento penale n. 12955/21 della Procura della Repubblica di Torino, Andrea Agnelli +15), riguardante la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false  e altre ipotesi delittuose come le false comunicazioni sociali delle società quotate in borsa, la manipolazione del mercato, l'ostacolo alla vigilanza e anche alle contestazioni in forza della cosiddetta ‘responsabilità amministrativa dell'Ente' e anche alle contestazioni di cui al d.lgs. n. 231/01 in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche che, come noto, ormai da qualche anno, annovera (art. 25, quinquies decies) anche i reati fiscali tra quelli presupposti. Il rapporto tra reati fiscali e riciclaggio e anche a quello tra reati fiscali e autoriciclaggio (cfr. Cass. pen., sez. III, n. 7503/21 ma anche Cass. pen., sez. II, n. 30889/20).

L'utilizzabilità nel processo penale di atti formati o acquisiti in sede amministrativa necessiterebbero di specifiche consulenze tecniche. Il difensore penale deve attentamente considerare aspetti che riguardano proprio l'utilizzabilità di elementi probatori di provenienza amministrativa e che si intendono far valere in ambito penale. 

Nella fase dibattimentale, ad esempio,  il difensore della persona imputata di un reato fiscale dovrà considerare quanto previsto dall'art. 431 c.p.p. e quindi dovrà verificare che nel fascicolo del dibattimento siano raccolti soltanto gli atti espressamente previsti dalla suddetta norma (tra i vari atti che hanno diritto d'ingresso vi sono anche i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla Polizia Giudiziaria e quindi in ambito penal-tributario è evidente che si debba far riferimento agli atti della Guardia di Finanza). Si deve, inoltre, tener presente che sempre l'art. 431 c.p.p. prevede, al comma 2, che le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo di atti contenuti nel fascicolo del P.M. nonché ulteriore documentazione relativa alle investigazioni difensive (può capitare che l'imputato abbia comunque interesse a far acquisire immediatamente al fascicolo del dibattimento atti quali, ad esempio, il processo verbale o gli avvisi di accertamento poiché ritenuti utili alla difesa ed anche perché, come vedremo, avrebbero comunque ingresso nel fascicolo). Gli atti prodotti al dibattimento potranno essere utilizzati per la decisione se legittimamente acquisiti ed è quindi da tener presente, per il difensore, il combinato disposto tra l'art. 191 c.p.p. e il già ricordato art. 220 disp. att. c.p.p. con la logica conseguenza che gli atti acquisiti dagli organi accertatori e quindi Guardia di Finanza o funzionari dell'Agenzia delle Entrate dopo l'insorgere degli indizi di reità sono inutilizzabili se non sono state osservate le disposizioni del codice di procedura penale poste a garanzia dell'indagato.

La struttura del reato tributario di tipo dichiarativo impone di valutare aspetti come quelli concernenti il mancato superamento della cosiddetta soglia di punibilità al di sotto della quale non si potrà parlare di illecito di natura penalistica. A tal proposito giova ricordare che per la sussistenza del delitto di cui all'art. 3 è necessario il superamento di una doppia soglia di punibilità, riferita all'imposta evasa e anche all'ammontare degli elementi attivi sottratti all'imposizione. In questi casi la difesa, mediante ricorso a consulenze tecniche di parte, potrà dimostrare che le suddette soglie, o anche soltanto una di esse, non sono state superate.

 

Sequestro preventivo e confisca

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è una misura cautelare reale di grande applicazione nel sistema di repressione degli illeciti tributari e ricollegandosi al disposto di cui agli artt. 321 c.p.p., 322 – ter cod. pen., art. 12 bis introdotto dal d.lgs. 153/2015, attualmente opera con una duplice modalità:

  • il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, avente ad oggetto i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato;
  • il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (o per valore), che interviene laddove non sia possibile procedere alla confisca diretta e che riguarda i beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato senza che sia necessario provare il nesso.

Quando il reato risulta commesso dalla persona giuridica, il sequestro preventivo quale misura provvisoriamente ablatoria prodromica alla confisca, deve prima tendere ad escutere – nella forma diretta – il patrimonio della società per individuare e porre il vincolo della indisponibilità sul profitto o il prezzo dell’illecito (ad esempio il risparmio di imposta nel reato di omesso versamento dell’iva) e poi, qualora, tale attività non sia satisfattiva della pretesa tributaria, operare sul patrimonio personale del reo, normalmente identificabile nel legale rappresentante pro-tempore  e nei concorrenti del reato (ad esempio amministratori di fatto).

La confisca a differenza del sequestro che ha natura cautelare provvisoria, comporta l’ablazione definitiva delle utilità patrimoniali in sequestro, secondo il disposto dell’art. 12 bis D.lgs. 74/2000, ed opera quando il procedimento penale viene definito con sentenza di condanna ovvero con applicazione della pena concordata tra le parti (patteggiamento).

Si segnala, inoltre, che il d.lgs. 124/2019 ha esteso ai reati tributari anche l’istituto della confisca allargata o per sproporzione, introducendo nel D.lgs. 74/2000 l’art. 12 ter (confisca in casi particolari), in base al quale :

1.Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti di seguito indicati, si applica l’articolo 240-bis del codice penale quando:

a) l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 2;

b) l’imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 3;

c) l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 8;

d) l’ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 11, comma 1;

e) l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 11, comma 2.

La confisca disposta ai sensi dell’art. 12 ter D.lgs. 74/2000 ha ad oggetto denaro, beni e altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito.

Ruolo del consulente tecnico nei processi di penale tributario

L’intervento del consulente tecnico di parte risulta fondamentale per la ricostruzione delle vicende oggetto delle contestazioni penali. Con particolare riguardo ai casi di sequestro per equivalente e confisca. In tali casi, infatti, si possono individuare soluzioni al fine, ove possibile, di ottenere la revoca delle misure cautelari patrimoniali.