Premessa

L’esplosione dei bonus fiscali nel settore edilizio ha registrato pratiche fraudolente e condotte penalmente rilevanti. I potenziali risvolti penalistici delle condotte non solo con riferimento al beneficiario della stessa (dunque, il contribuente) ma anche degli altri soggetti coinvolti nell’iter progettuale e finanziario hanno innescato indagini e procedimenti penali.

Reati urbanistici

Sotto il profilo urbanistico gli abusi edilizi hanno avuto, talvolta,  come diretta conseguenza la perdita dell’agevolazione. E’ interessante notare come la Suprema Corte di Cassazione, di recente, abbia precisato che «[…] in tema di reati edilizi, qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consiste in un intervento di manutenzione ordinaria» (Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 11788/2021). Ne deriva logicamente che anche un intervento edilizio «ex Superbonus 110%», su di un immobile oggetto di abusi edilizi, fa incorrere nelle sanzioni penali di cui all’art. 44 DPR 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), configurandosi come illecito edilizio.

Una precisazione, in tal senso, è doverosa. Il groviglio normativo e le repentine modificazioni della disciplina hanno contribuito a dare vita a condotte scorrette da parte dei soggetti coinvolti.

In questo settore, dette condotte possono integrare illeciti penali «tradizionali» (la cui disciplina è rinvenibile nel codice penale) ma anche i c.d. «reati tributari» che, invece, trovano propria collocazione normativa nel D.Lgs. n. 74/2000.

Le condotte penalmente rilevanti sotto il profilo tributario

Il contribuente è il beneficiario dell’agevolazione fiscale: è il soggetto che più di tutti ha interesse ad ottenere il beneficio, in taluni casi addirittura spingendosi a porre in essere condotte illecite e fraudolente integranti illeciti penali. È indubbio, infatti, che il ricorso ad una falsa attestazione predisposta per ottenere un profitto «con altrui danno» integra il reato di truffa ex art. 640 c.p. È interessante capire quali fattispecie delittuose siano concretamente calabili tra le diverse ipotesi di truffa delineate dal legislatore penale.

Prima facie, considerato il tipo di beneficio derivante dalla detrazione che consiste in una riduzione dell’imposta dovuta all’Erario, si può propendere per il delitto di «Truffa aggravata ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche di provenienza statale o europee», disciplinata dall’art. 640-bis del c.p.: l’assegnazione, infatti, di una detrazione d’imposta in misura superiore alla spesa effettivamente sostenuta può essere facilmente assimilataad una forma di agevolazione concessa dallo Stato che, per ragioni di efficientamento energetico e di sostegno economico al settore edilizio, riconosce un’eccezionale riduzione delle imposte a carico dei contribuenti.

Tuttavia, in ragione della specificità del settore di analisi, trovano applicazione anche le disposizioni della Legge sui reati tributari. I delitti che possono essere integrati dal contribuente sono quelli previsti negli artt. 2, 3 e 10-quater del D.Lgs 74/2000.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

L’art. 2, rubricato come «Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» mira a punire il contribuente che indichi elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni annuali relative all’imposta sui redditi e IVA, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. È richiesto il c.d «dolo specifico», ovvero l’agire con il fine di evadere le imposte e la coscienza di farlo mediante la dichiarazione di elementi fittizi. La previsione normativa in esame è concretizzabile, tuttavia, solo nel caso di lavori mai o solo parzialmente realizzati.

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici

Se, al contrario, i lavori sono stati effettivamente eseguiti e sono corredati da regolare documentazione fiscale, allora vi sono i presupposti per integrare l’illecito di cui al successivo art. 3, rubricato «Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici». La norma sanziona il contribuente che, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi, crediti e ritenute fittizi.

Indebita compensazione

Una terza fattispecie configurabile è quella di cui all’art. 10-quater, «Indebita compensazione», che mira a punire chiunque ometta di versare le somme dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti, in caso di superamento della soglia di punibilità dell’importo annuo superiore a 50.000 euro.

Ipotesi di reato

Per il principio di specialità espresso nell’art. 15 c.p., non appare configurabile il concorso di reati poiché, come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione, il legislatore, nel disegnare le fattispecie penali tributarie, ha ritenuto di anticipare la tutela penale a quei comportamenti che diano vita a dichiarazioni fiscali non corrispondenti al vero. Pertanto, il reato tributario si consuma a prescindere dall’effettiva verificazione del danno nei confronti dello Stato (come richiesto, invece, dall’art. 640 c.p.) e dovrà comunque essere presente la finalità di cagionare un tale danno tramite l’ideazione di un sistema fraudolento atto ad ingannare l’Erario (SS.UU Cass., sent. 1235/2010).

La soglia di punibilità, pertanto, è l’elemento discriminante: i delitti tributari sono stati disegnati come «reati di condotta» che si realizzano al momento di presentazione della dichiarazione mendace (e non con l’ottenimento del beneficio fiscale, ovvero l’evasione), mente la truffa c.d «tradizionale» (aggrava e non), del Codice penale, come «reato di evento» che si configura, invece, al momento dell’ottenimento dei contributi pubblici.

In estrema sintesi, in tali ipotesi prevarrà sempre la previsione speciale relativa ai reati fiscali e contenuta nel D.Lgs. 74/2000.

 

 

Le responsabilità del tecnico incaricato

Il tecnico abilitato al rilascio di asseverazioni e/o certificazioni è la figura centrale dell’intero sistema poiché molteplici sono gli adempimenti certificativi considerati passaggi fondamentali per poter godere della maxi-detrazione. Tra le svariate attività tecniche, assumono centrale rilevanza le asseverazioni energetiche, le certificazioni, le dichiarazioni ENEA e, non da ultimo, il visto di conformità per i lavori realizzati. Si tratta di adempimenti fondamentali da effettuarsi nelle prime fasi dell’intero iter ma che diventeranno, alla fine, la garanzia del corretto svolgimento dell’intero procedimento, progettuale e finanziario. 

In caso di danni dovuti a negligenza professionale, imperizia o errata applicazione delle norme, il professionista potrebbe essere chiamato a rispondere in sede civile, amministrativa e penale per il danno causato da solo o in solido con l'impresa. Infatti, gli artt. 119 e 121 D.L 34/2020 attribuiscono ai tecnici incaricati un doppio ruolo: da un lato, quello di attestatore ed asseveratore della presenza dei requisiti tecnici che consentono di accedere al bonus e, dall’altro, quello di prestatore di opera intellettuale (ex artt. 2230 e ss. c.c).

Il co. 6 dell'art. 121 D.L 34/2020 legittima l'Amministrazione finanziaria ad agire anche nei confronti di soggetti diversi dal contribuente, c.d «responsabili solidali», che abbiano concorso con il primo alla violazione quali, ad esempio, il progettista, il collaudatore, l'impresa o il professionista fiscale. 

Relativamente ai profili penali, il rilascio di una dichiarazione di asseverazione presuppone la veridicità dei dati ivi indicati anche perché, tra l’altro, essa prende la forma della «dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà»: in caso contrario, si potrebbe integrare il reato di cui all’art. 481 c.p., rubricato «Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità». 

Nondimeno, il co. 13-bis dell’art. 119 D.L. 34/2020, prevede che il tecnico abilitato che, nelle asseverazioni necessarie, esponga informazioni false oppure ometta di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso, oppure attesti falsamente la congruità delle spese, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. 

Come spiegato dalla S.C. nella relazione n. 31/2022, tale fattispecie consiste in un’ipotesi speciale di falso ideologico dichiarativo, resa però necessaria dal notevole incremento delle frodi in materia di bonus edilizi (in particolar modo, connessi all’opzione della cessione del credito), che hanno fatto aumentare esponenzialmente l’ammontare dei crediti d’imposta fittizi.

 

Le ipotesi di concorso nella commissione di reato di fornitori e imprese esecutrici

L’ipotesi di reato tributario ascrivibile è quello previsto dall’art. 2 D.Lgs 74/2000. Il soggetto attivo del reato può essere chiunque, obbligato o meno alla tenuta delle scritture contabili, che emetta delle false fatture al fine di consentire a terzi un indebito e fraudolento abbassamento dell’imponibile fiscale, relativo alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Il reato così delineato può essere qualificato come «reato di pericolo» ovvero un illecito che si integra già con la mera emissione/ rilascio del documento fiscale a prescindere dal loro effettivo utilizzo. Il presupposto è l’alterità del soggetto che emette il documento rispetto al terzo che ne può far potenziale uso.

Le violazioni che possono essere realizzate (talvolta, in concorso con il committente) dalle imprese esecutrici sono sostanzialmente due: è ipotizzabile che vengano fatturati lavori progettati ma mai effettivamente realizzati oppure che vengano eseguiti lavori diversi da quelli indicati nei progetti e nei documenti fiscali.

Le condotte rappresentano operazioni inesistenti, così come descritte nell’art. 1 del D.Lgs 74/2000. Tuttavia, si deve distinguere le responsabilità in relazione ai soggetti che prendono parte alla violazione: da un lato, il proprietario-committente, risponderà, ex art. 10-quater, per indebita compensazione di crediti sostanzialmente inesistenti; dall’altro, l’impresa dovrà rispondere per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti in applicazione dell’art. 8 del D.Lgs 74/2000 che prevede la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per importi inferiori a 100.000 euro (da quattro a otto anni per importi a detta soglia).

Nessuna responsabilità penale è ravvisabile, infine, in capo ai terzi quali banche e società che hanno acquistato il credito ceduto che sono considerati acquirenti in buona fede.

Ruolo del consulente tecnico di parte nei procedimenti penali

Nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati legati ai bonus edilizi, l’intervento dei consulenti tecnici di parte appare particolarmente opportuno per la ricostruzione dell’intero iter procedurale, dalla richiesta di accesso ai benefici fino alla cessione dei crediti fiscali generati dalle agevolazioni. In primis per evidenziare l’eventuale infondatezza dei rilievi mossi dall’accusa In secondo luogo per delimitare il perimetro tecnico delle contestazioni in relazione ai diversi imputati e ai loro rispettivi ruoli