L’assistenza tecnica in materia di reati bancari è particolarmente rilevante. Lo Studio si è occupato per conto dell’Autorità di vigilanza, di svariati commissariamenti negli ultimi quindici anni, avendo il titolare ricoperto la funzione di presidente e componente dei comitati di sorveglianza di banche in amministrazione straordinaria. 

Le argomentazioni e i diversi punti di vista che frequentemente contrappongono i consulenti tecnici nella proficua dialettica che si sviluppa nelle riunioni peritali – tralasciando l’opposta tensione protesa a tutelare le parti rappresentate – affondano spesso la loro natura in una diversa visione del quadro giuridico, sia nei riflessi civili che in quelli penali. In tale materia rimane talvolta difficile distinguere e coniugare le problematiche dell’usura con le problematiche più civilistiche connesse all’anatocismo e all’applicazione delle Commissioni di Massimo Scoperto (CMS) e delle altre spese, con le quali frequentemente si intrecciano. Il perito e il consulente tecnico sono chiamati ad affiancare il giudice e il pubblico ministero prestando le proprie specifiche competenze, volte ad arricchire il patrimonio cognitivo del magistrato. Ad essi è richiesta non solo un’attività materiale caratterizzata da un qualificato grado di capacità tecnica, ma anche e soprattutto una motivata valutazione critica dei risultati di detta attività: l’incarico non si esaurisce in semplici ‘rilievi’ ma si estende ad elaborazioni critiche che configurano veri e propri ‘accertamenti’ tecnico-scientifici. I margini di valutazione rimessi al consulente costituiscono l’aspetto di maggiore delicatezza e professionalità.

Reati bancari

Il diritto penale bancario ha come obiettivo quello di sanzionare tutti quegli abusi che sono connessi sia alla raccolta del risparmio che all’erogazione del credito.

I reati bancari sono comprensivi dei reati commessi da Banche, Intermediari finanziari

e Strutture che fanno credito

Il diritto penale bancario trova disciplina soprattutto nel d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario), all’interno del quale sono previste tutta una serie di disposizioni che sono volte ad assicurare la tutela penale nell’ambito dell’attività creditizia.

Questo tipo di reati si applicano a tutte quelle strutture e soggetti che ricevono denaro, e lo usano e gestiscono per conto dei cittadini.

I reati bancari comprendono perciò norme incriminatrici che si riferiscono proprio all’attività dell’impresa bancaria, oltre che norme che riguardano la tutela penale della cambiale e dell’assegno bancario.

Per completezza è bene sottolineare che l’attività bancaria consiste sia nella raccolta del risparmio che nell’esercizio del credito. All’attività bancaria vengono inoltre applicate le disposizioni penali in materia di società.

I reati bancari sono disciplinati dagli art. 130-143 del Testo Unico Bancario.

I più importanti sono:

  • Abusiva attività di raccolta del risparmio (art. 130 TUB)
  • Esercizio abusivo dell’attività bancaria (art. 131 TUB)
  • Abusiva attività finanziaria (art. 132 TUB)
  • Mendacio e falso interno (art. 137 TUB)
  • Esercizio abusivo dell’attività di agente finanziario e di mediatore creditizio (art. 140-bis TUB).

Abusiva attività di raccolta del risparmio

La norma afferma che “chiunque svolge l’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico in violazione dell’art. 11 è punito con l’arresto da un anno a tre anni e con l’ammenda da euro 12.911 a euro 51.645”

L’art. 11 del TUB appena menzionato ha come obiettivo quello di disciplinare la raccolta del risparmio. In parole povere regolamenta l’attività che possono svolgere gli istituti bancari e affini nel raccogliere i fondi altrui e punisce chiunque eserciti tale attività senza esserne autorizzato ovvero senza essere una banca. In particolare definisce la raccolta del risparmio come acquisizione di fondi con l’obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma, ma soprattutto ne vieta l’esercizio a soggetti che non siano le banche quando questa operazione sia esercitata tra il pubblico.

In caso di violazione – e quindi rientrando nella fattispecie del 130 TUB – la sanzione prevista è l’arresto da 6 mesi a 3 anni e con l’ammenda da 12.911€ a 51.645€.

Abusiva attività bancaria

L’art. 131 TUB regola e sanziona il comportamento abusivo dell’attività bancaria, ovvero quando la normale attività di raccolta del risparmio e il normale esercizio del credito vengono svolte in maniera illecita.

Il delitto è punito con la reclusione da un 1 anno a 8 anni e con la multa da 4.130€ a 10.329€.

Abusiva attività finanziaria

L’abusiva attività finanziaria viene annoverata anche nei reati finanziari ed è un reato commesso da colui che svolge, nei confronti del pubblico, una o più delle attività finanziarie che sono previste dal D.lgs. n. 385/1993 ex art. 106, comma 1, senza essere appositamente iscritto nell’elenco degli intermediari finanziari tenuto dall’UIC – Ufficio Italiano dei Cambi.

Le attività finanziarie che sono riservate ai soggetti abilitati, sono quelle di “assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, prestazione di servizi di pagamento e intermediazione in cambio“.

Quindi la sanzione ex art. 132 è pertanto rivolta soltanto ai soggetti non abilitati dall’apposita iscrizione all’UIC.

La condotta sanzionata consiste perciò nell’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria ovvero di offerta al pubblico del servizio di finanziamento in forma professionale, organizzata e su scala imprenditoriale. Questo perché tali modalità di condotta sono idonee ad indurre turbativa nel mercato finanziario. La sua rilevanza penale è sancita proprio dalla Legge Bancaria.

La sanzione prevista è la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa da 2.065€ a 10.329€.

Mendacio e falso interno

L’art. 137 al primo comma prevede il delitto di mendacio bancario, individuato nella condotta di “chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni cui il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente a una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito”.

Il secondo comma prevede invece l’ipotesi contravvenzionale di falso interno bancario, che sanziona “chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione presso una banca oltre che i dipendenti di banche che, al fine di concedere o far concedere credito ovvero di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso ovvero di evitare la revoca del credito concesso, consapevolmente omettono di segnalare dati o notizie di cui sono a conoscenza o utilizzano nella fase istruttoria notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del richiedente il fido”. In entrambi i casi la sanzione prevista è la reclusione fino ad 1 anno o l’ammenda fino a 10.000€.

Esercizio abusivo dell’attività di agente finanziario e di mediatore creditizio

Il D.Lgs. n. 141/10 ha inserito nel TUB il nuovo art. 140-bis che provvede sanzionare penalmente l’esercizio abusivo della professione di mediatore o di agente.

Il suddetto articolo afferma che “chiunque esercita professionalmente nei confronti del pubblico l’attività di mediatore creditizio senza essere iscritto nell’elenco di cui all’articolo 128-sexies, comma 2, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa da euro 2.065 a euro 10.329”.

 

Reati finanziari

I reati finanziari sono molteplici, ma tutti accomunati da alcuni aspetti caratterizzanti, quali ad esempio la complessità, la scarsa visibilità, l’inconsapevolezza delle vittime e l’incertezza sulla definizione esatta delle fattispecie criminose.

 

Aggiotaggio

Il fenomeno dell’aggiotaggio è definito dall’art. 501 c.p., e sta ad indicare il “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”. Tale fattispecie viene integrata quando qualcuno pubblica – o divulga – notizie false, oppure utilizza artifici che hanno come obiettivo quello di procurare una diminuzione o un aumento del prezzo delle merci o dei valori che sono ammessi nelle liste di borsa, oppure che sono negoziabili nel mercato pubblico. Il tutto per trarne un indebito vantaggio. E’ punito con la reclusione fino a 3 anni e con la multa da 516€ a 25.822€.

Insider trading

Quello dell’insider trading è probabilmente il reato finanziario più conosciuto. Questo fenomeno implica una compravendita di azioni di una società per azioni da parte di un soggetto che detiene informazioni materiali non pubbliche sulle medesime azioni – per qualsiasi motivo. L’elemento dell’illecito sta proprio nella non pubblicità di tali informazioni materiali, ovvero quell’insieme di informazioni che possono avere un notevole impatto sulla decisione di un investitore di acquistare oppure di vendere un titolo. Si tratta di un vero e proprio reato di manipolazione del mercato.

Cartello ( Trust )

Nell’ambito dei reati economici, con il termine “cartello” si intende indicare un accordo tra più produttori di un servizio o di un bene che è finalizzato a limitare la concorrenza all’interno del proprio mercato di riferimento, con la sottesa intenzione di stabilire alcuni determinati parametri come livello dei prezzi, condizioni di vendita, zone di distribuzione.

Falso in bilancio

All’interno del diritto societario, con falso in bilancio si indica la compilazione di false comunicazioni sociali. Il falso in bilancio può essere oggettivo, quando all’interno di un bilancio sono riportati informazioni e dati non veritieri e non corrispondenti alla realtà sostanziale delle cose; valutativo, quando l’incongruenza riguarda invece l’ambito delle valutazioni aziendali; qualitativo, quando vengono intaccate le stesse voci di bilancio, oltre che il modo in cui vengono presentate all’interno dei documenti.

Riciclaggio

Il reato di riciclaggio è disciplinato dal Libro II, Titolo XIII, Capo II del c.p. e rientra in quelli che vengono chiamati i reati contro il patrimonio. Il riciclaggio di denaro comprende tutta una serie di operazioni che hanno come obiettivo quello di dare un “aspetto” lecito a capitali la cui provenienza è invece illecita. Sotteso a questo comportamento è il tentativo di nascondere origini e proprietà di profitti che derivano da attività criminali, facendo in modo che tali proventi derivino da fonti legittime. E’ punito con la reclusione da 4 a 12 anni e una multa da 5.000€ a 25.000€.

Altri reati finanziari

A titolo di completezza, si indicano anche ulteriori reati finanziari considerati “minori” – ma non per importanza. 

Reati relativi a intermediari finanziari : abusivismo; gestione infedele; confusione di patrimoni; partecipazione al capitale; gestione accentrata di strumenti finanziari; ostacolo alle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia e della Consob.

Reati relativi agli organismi emittenti : irregolare acquisto di azioni; omessa alienazione di partecipazioni; falso in prospetto.

Reati disciplinati nel c.p.: manovre speculative su merci; illecita concorrenza con minaccia o violenza; frodi contro le industrie nazionali; frode nell’esercizio del commercio; truffa; truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche;

usura bancaria; impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Banche e codice antimafia. La prova della buona fede

Le norme su sequestro e confisca di prevenzione e penale riguardano da vicino la tutela degli istituti di credito creditori, nel loro esercizio  dell’attività di concessione del credito nei confronti di persone proposte nell’ambito dei procedimenti di prevenzione.

Ai sensi dell’art. 52, co. 3, d.lgs n. 159/11 nella valutazione della buona fede, il Tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi.

Le Sezioni Unite civili e penali della Cassazione hanno operato una stringente interpretazione del comma 3 citato laddove hanno stabilito che «i parametri sono obbligatori, ma non sono né esclusivi, né vincolanti», sicché «il giudice deve obbligatoriamente tener conto di tali parametri, ma può considerare altri parametri non menzionati dal legislatore, e può anche motivatamente disattendere i parametri indicati dal legislatore». Il ragionamento è condivisibile in quanto la norma indica al giudice di “tenere conto” dei diversi parametri indicati che, del resto, costituiscono un’elencazione degli indici elaborati dai giudici di merito, particolarmente rigorosi sul punto. 

L’intervento della consulenza tecnica di parte in questo ambito può evidenziare la correttezza della banca. La giurisprudenza ha elaborato, infatti,  numerosi criteri orientativi per accertare il requisito della buona fede allegata dagli istituti di credito. Questo esame svela le modalità di concessione del credito da parte delle banche.

Ai fini della prova della buona fede e dell'affidamento incolpevole, incombente sull'Istituto finanziario titolare di un diritto di garanzia reale sul bene confiscato che intenda ottenere l'accertamento e l'ammissione al pagamento del proprio credito, non è sufficiente la dimostrazione dell'avvenuto rispetto delle procedure operative interne per l'erogazione del finanziamento, occorrendo che sia provata l'approfondita ed autonoma valutazione delle caratteristiche soggettive e patrimoniali dei soggetti coinvolti, con particolare riferimento alla capacità finanziaria e reddituale ed alle condizioni patrimoniali del debitore e dei suoi familiari, nonché alle finalità, alla regolarità amministrativa ed alla sostenibilità finanziaria dell'operazione negoziale sottostante, anche in relazione all'eventuale altro contraente, allo scopo di adempiere ai doveri propri dell'intermediario finanziario con riguardo, fra l'altro, alla normativa antiriciclaggio. La correttezza del procedimento di concessione del mutuo costituisce requisito indispensabile per dimostrare la buona fede; un indice negativo è costituito dalla mancata produzione in giudizio della perizia di stima del bene sul quale è stata iscritta l'ipoteca. L’insufficiente valutazione sul “merito creditizio” del destinatario del finanziamento esclude la buona fede se adeguatamente motivata non su un canone generico di una buona gestione bancaria, ma su quello specifico della buona fede richiesta per il finanziamento del destinatario. Costituisce insufficiente valutazione del merito creditizio la concessione di un mutuo ad una persona giovanissima priva di redditi leciti. La reale situazione reddituale del richiedente e la disponibilità effettiva degli immobili oggetto del finanziamento devono essere conosciute dall’istituto erogatore del finanziamento sulla base dell’ordinaria diligenza. La gestione del credito deve essere coerente con i principi che regolano le transazioni bancarie e tale da dimostrare un livello di ordinaria diligenza nell'analisi della posizione della correntista, beneficiario di apertura di credito su conto corrente e debitore del credito erogato. Manca l’ordinaria diligenza in assenza di attività istruttoria, anche sommaria, volta a verificare la presenza di segnali di situazioni di rischio incidenti sull'affidabilità del contraente. Il difetto di «adeguatezza dell'istruttoria» tale da escludere la buona fede può desumersi dall’evidente sproporzione tra il tenore di vita del beneficiario e la totale assenza di redditività lecita negli anni antecedenti alla richiesta di mutuo; ciò, a maggior ragione, se destinataria del mutuo sia una società “schermo” della persona fisica priva di reali strutture aziendali. Il mancato accertamento sulla solvibilità del debitore e dei fideiussori non consentono di riconoscere la buona fede. Le plurime vicende giudiziarie, di natura penale e di prevenzione personale e patrimoniale vissute dal prevenuto, anche se conclusesi con un esito favorevole, perché significative di “zone d’ombra”, escludono la buona fede essendo imposta all’istituto di credito una particolare cautela e prudenza nell’erogazione di rilevanti finanziamenti. La consapevolezza dell’evidente opacità del contraente e, in definitiva, dell'alto rischio di collisione dell’interesse della banca con il prevalente interesse pubblico alla prevenzione criminale, esclude la buona fede pur se l’operazione è certamente vantaggiosa e garantita per la banca sotto il profilo economico (oltre che resa in esito alle procedure a tal fine previste). Indici di tale situazione sono, ad esempio, la manifesta eccessività dell'importo finanziato rispetto all'entità della base reddituale del beneficiario, ovvero la definizione dell'operazione entro contesti locali o territoriali di non rilevanti dimensioni, o, infine, il profilo di soggetti da tempo in rapporti con l'istituto bancario.

In tema di procedimento di concessione del mutuo e società va esclusa la buona fede della banca creditore ipotecario di società di persone e di capitali facenti capo al prevenuto, che abbiano conseguito aperture di credito per somme rilevanti, a garanzia delle quali è stata iscritta ipoteca su diversi immobili confiscati, risultando anomalie delle vicende patrimoniali delle società risultanti dalla mera lettura di bilanci e movimentazioni bancarie, attestanti flussi di denaro in entrata e in uscita in palese contrasto con i modesti volumi di affari dichiarati. Escludono la buona fede anche i consistenti aumenti di capitale da parte del prevenuto e dei soci sproporzionati all'esiguità dei redditi dichiarati oltre che la “non illibatezza” dell'imprenditore e delle società del suo gruppo in considerazione dei procedimenti giudiziari e di prevenzione subiti, dei quali la banca ha contezza, disponendo comunque di tutti gli strumenti utili alla formulazione di un corretto giudizio di affidabilità dei soggetti individuali e sociali finanziati.

L’esame dei casi affrontati dalla giurisprudenza e il loro esito evidenzia un fenomeno allarmante in ordine alle modalità di concessione del credito da parte delle banche in presenza di persone poi sottoposte a procedimenti patrimoniali di prevenzione o penali.